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carlo lavalle
Il nuovo pirata è digitale, maschio, lavoratore autonomo e istruito e 2 italiani su 5 piratano film, serie o programmi tv, secondo la nuova indagine Fapav/Ipsos
Quattro adulti su dieci in Italia guardano illegalmente film, serie tv e programmi di intrattenimento, con un danno complessivo all’economia italiana di 1,2 miliardi di euro e 6.540 posti di lavoro persi. È quanto emerge dalla nuova indagine sulla pirateria audiovisiva realizzata da Ipsos per conto della Fapav (Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali).
PIRATI 2.0
Il consumo illecito, secondo i risultati della ricerca, è diventato una consuetudine praticata a livello di massa in uno scenario in continuo mutamento. Su un campione rappresentativo di oltre 1400 persone intervistate (di persona e online) da 15 anni in su, il 39 per cento ha usufruito almeno una volta nel 2016 di un contenuto piratato. La percentuale sale fino al 51 per cento tra i 10-14enni (un ragazzo su 2), sui quali Ipsos ha, per la prima volta, voluto puntare i riflettori per approfondire l’analisi anche in una fascia di età di giovanissimi.
La pirateria, insomma, tende a radicarsi allargandosi (in tutto sono circa 669 milioni i titoli piratati nel 2016, principalmente film), e soprattutto è in forte aumento quella digitale che registra un incremento del 78 per cento rispetto al 2010 con un trend continuamente in crescita negli ultimi sei anni. Gli utenti, quindi, sono ormai pirati in versione 2.0, ricorrendo sempre più a download e streaming illegale su Internet e sempre meno all’acquisto di Dvd/Blue Ray contraffatti (pirateria fisica) e alla visione di copie prestate da altri (pirateria indiretta).
Relativamente ai contenuti, invece, i film restano i più richiesti (33 per cento) ma meno del passato (-4 per cento dal 2010), mentre serie e programmi tv, compreso lo sport, sono sempre più ambiti dai pirati con un balzo, rispettivamente dal 13 al 22 per cento, e dall’11 al 19 per cento in confronto al 2010.
IL VERO IDENTIKIT
Quanto al profilo socio-demografico, l’indagine Ipsos, illustrata direttamente dal presidente Nando Pagnoncelli, descrive aspetti di novità interessanti. Contrariamente ai luoghi comuni che lo vorrebbero meno abbiente e perciò incline al mercato illegale, il pirata italiano è in genere un uomo (55 per cento dei casi), sotto i 45 anni, lavoratore (54 per cento), che, più spesso della popolazione media italiana, ricopre posizioni direttive e autonome con un titolo di studio mediamente più elevato (62 per cento diplomati).
PERCEZIONE DEL DANNO
La pirateria è un reato e ne sono consapevoli gli utenti che scaricano o guardano illegalmente film e serie tv. Ma solo 1 pirata adulto su 4 (e 1 su 5 tra i più giovani) pensa che piratare possa essere considerato un comportamento grave.
Da un lato, chi realizza questo atto illecito ritiene che i danni siano limitati, astrattamente, all’industria del settore audiovisivo e non si possano estendere alle persone comuni, contro la valutazione dell’Ipsos che stima notevoli conseguenze economiche e occupazionali (1,2 miliardi di euro di perdita di fatturato di tutti i settori, 198 milioni di euro di mancati introiti fiscali e 6540 posti di lavoro a rischio, come se ogni anno chiudessero 1500 aziende operanti in Italia).
Dall’altro, come ha sottolineato Pagnoncelli, prevale un atteggiamento di auto-indulgenza tra i pirati, unitamente a una previsione di impunità : solo la metà degli intervistati crede, infatti, probabile che possa essere scoperto e punito. Sotto questo aspetto, Giampaolo Letta, vice presidente e amministratore delegato di Medusa, presente alla tavola rotonda, ha prospettato la possibilità di introdurre sanzioni contro il consumatore disonesto.
L’idea è che, data la sempre maggiore difficoltà a individuare e colpire i promotori del business della pirateria, - i quali, come ha messo in evidenza il Segretario della Fapav nella sua introduzione, si sono evoluti utilizzando server transfrontalieri e conti offshore per occultare attività e profitti - non resta che agire dal basso provando a punire l’utente finale.
UN PROBLEMA CULTURALE
Più orientato a una soluzione basata su un’azione culturale, è l’approccio di Paolo Genovese, regista e sceneggiatore. Il pirata ruba, è un ladro che si appropria di guadagni altrui, e va sanzionato certamente. Ma, questo è il suo ragionamento, «si fa fatica a spiegare ai propri figli che la pirateria è illegale, quando i siti dove si guardano e scaricano contenuti illeciti sono facilmente reperibili, a portata di chiunque, anche senza grandi competenze tecniche, e la loro interfaccia ha, per giunta, una parvenza di legalità?».
Davanti al fenomeno della pirateria, che non viene scalfita neanche dall’avvento di piattaforme digitali che hanno ampliato e diversificato l’offerta legale, c’è, a suo parere, da riflettere sull’aspetto culturale. Nelle scuole, soprattutto, bisogna educare i giovani a guardare i film nelle sale che sono la sede naturale della fruizione del cinema. «Il cinema visto da un computer e da uno schermo del cellulare – commenta con una punta di amarezza Paolo Genovese - è la cosa che più rattrista».
carlo lavalle
Il nuovo pirata è digitale, maschio, lavoratore autonomo e istruito e 2 italiani su 5 piratano film, serie o programmi tv, secondo la nuova indagine Fapav/Ipsos
Quattro adulti su dieci in Italia guardano illegalmente film, serie tv e programmi di intrattenimento, con un danno complessivo all’economia italiana di 1,2 miliardi di euro e 6.540 posti di lavoro persi. È quanto emerge dalla nuova indagine sulla pirateria audiovisiva realizzata da Ipsos per conto della Fapav (Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali).
PIRATI 2.0
Il consumo illecito, secondo i risultati della ricerca, è diventato una consuetudine praticata a livello di massa in uno scenario in continuo mutamento. Su un campione rappresentativo di oltre 1400 persone intervistate (di persona e online) da 15 anni in su, il 39 per cento ha usufruito almeno una volta nel 2016 di un contenuto piratato. La percentuale sale fino al 51 per cento tra i 10-14enni (un ragazzo su 2), sui quali Ipsos ha, per la prima volta, voluto puntare i riflettori per approfondire l’analisi anche in una fascia di età di giovanissimi.
La pirateria, insomma, tende a radicarsi allargandosi (in tutto sono circa 669 milioni i titoli piratati nel 2016, principalmente film), e soprattutto è in forte aumento quella digitale che registra un incremento del 78 per cento rispetto al 2010 con un trend continuamente in crescita negli ultimi sei anni. Gli utenti, quindi, sono ormai pirati in versione 2.0, ricorrendo sempre più a download e streaming illegale su Internet e sempre meno all’acquisto di Dvd/Blue Ray contraffatti (pirateria fisica) e alla visione di copie prestate da altri (pirateria indiretta).
Relativamente ai contenuti, invece, i film restano i più richiesti (33 per cento) ma meno del passato (-4 per cento dal 2010), mentre serie e programmi tv, compreso lo sport, sono sempre più ambiti dai pirati con un balzo, rispettivamente dal 13 al 22 per cento, e dall’11 al 19 per cento in confronto al 2010.
IL VERO IDENTIKIT
Quanto al profilo socio-demografico, l’indagine Ipsos, illustrata direttamente dal presidente Nando Pagnoncelli, descrive aspetti di novità interessanti. Contrariamente ai luoghi comuni che lo vorrebbero meno abbiente e perciò incline al mercato illegale, il pirata italiano è in genere un uomo (55 per cento dei casi), sotto i 45 anni, lavoratore (54 per cento), che, più spesso della popolazione media italiana, ricopre posizioni direttive e autonome con un titolo di studio mediamente più elevato (62 per cento diplomati).
PERCEZIONE DEL DANNO
La pirateria è un reato e ne sono consapevoli gli utenti che scaricano o guardano illegalmente film e serie tv. Ma solo 1 pirata adulto su 4 (e 1 su 5 tra i più giovani) pensa che piratare possa essere considerato un comportamento grave.
Da un lato, chi realizza questo atto illecito ritiene che i danni siano limitati, astrattamente, all’industria del settore audiovisivo e non si possano estendere alle persone comuni, contro la valutazione dell’Ipsos che stima notevoli conseguenze economiche e occupazionali (1,2 miliardi di euro di perdita di fatturato di tutti i settori, 198 milioni di euro di mancati introiti fiscali e 6540 posti di lavoro a rischio, come se ogni anno chiudessero 1500 aziende operanti in Italia).
Dall’altro, come ha sottolineato Pagnoncelli, prevale un atteggiamento di auto-indulgenza tra i pirati, unitamente a una previsione di impunità : solo la metà degli intervistati crede, infatti, probabile che possa essere scoperto e punito. Sotto questo aspetto, Giampaolo Letta, vice presidente e amministratore delegato di Medusa, presente alla tavola rotonda, ha prospettato la possibilità di introdurre sanzioni contro il consumatore disonesto.
L’idea è che, data la sempre maggiore difficoltà a individuare e colpire i promotori del business della pirateria, - i quali, come ha messo in evidenza il Segretario della Fapav nella sua introduzione, si sono evoluti utilizzando server transfrontalieri e conti offshore per occultare attività e profitti - non resta che agire dal basso provando a punire l’utente finale.
UN PROBLEMA CULTURALE
Più orientato a una soluzione basata su un’azione culturale, è l’approccio di Paolo Genovese, regista e sceneggiatore. Il pirata ruba, è un ladro che si appropria di guadagni altrui, e va sanzionato certamente. Ma, questo è il suo ragionamento, «si fa fatica a spiegare ai propri figli che la pirateria è illegale, quando i siti dove si guardano e scaricano contenuti illeciti sono facilmente reperibili, a portata di chiunque, anche senza grandi competenze tecniche, e la loro interfaccia ha, per giunta, una parvenza di legalità?».
Davanti al fenomeno della pirateria, che non viene scalfita neanche dall’avvento di piattaforme digitali che hanno ampliato e diversificato l’offerta legale, c’è, a suo parere, da riflettere sull’aspetto culturale. Nelle scuole, soprattutto, bisogna educare i giovani a guardare i film nelle sale che sono la sede naturale della fruizione del cinema. «Il cinema visto da un computer e da uno schermo del cellulare – commenta con una punta di amarezza Paolo Genovese - è la cosa che più rattrista».