corriere.it
di Fabrizio Peronaci
Lo scheletro trovato nel 2007 e la sponda del Tevere dove è stato cercato l’anziano scomparso
Tra i tanti misteri della Roma più nera, quella che gronda sangue dei morti ammazzati e lacrime di chi li amava e sudore freddo degli assassini quando si sentono braccati, c’è una storia dimenticata. Macabra e inafferrabile. Degna di un thriller mozzafiato, oppure di un colossal. E infatti sono già usciti, sia il libro sia il film, per raccontare una vicenda simile, ambientata oltreoceano. Titolo: «Il collezionista di ossa».
Che è un modo gentile di chiamare un necrofilo, probabilmente psicopatico, certamente da tenere alla larga se lo s’incrocia sotto casa la sera. La protagonista del film era Angelina Jolie, bravissima agente dell’Fbi alle prese con un cadavere trovato vicino ai binari. Ma quella era fiction. Alla Magliana, invece, una dozzina d’anni fa accadde davvero. Giallo da incubo: tibia dopo tibia, femore dopo femore… Un rebus che ora, grazie a un testimone, potrebbe finalmente avviarsi a soluzione: «Cercate nel Tevere, il corpo può essere lì…»
![Libero Ricci, il pensionato scomparso nel 2003 alla Magliana: il corpo non è mai stato trovato Libero Ricci, il pensionato scomparso nel 2003 alla Magliana: il corpo non è mai stato trovato]()
Libero Ricci, il pensionato scomparso nel 2003 alla Magliana: il corpo non è mai stato trovato
È il primo pomeriggio del 26 luglio 2007 quando la triste storia del pensionato scomparso quasi 4 anni prima si incrocia con quella dei morti senza nome. A dare l’allarme è un abitante della zona: un incendio si sta mangiando il canneto ai bordi della pista ciclabile, all’altezza di via Pescaglia. Arrivano i pompieri e, domato il fuoco, viene alla luce qualcosa di lugubre: uno scheletro. Annerito, bruciacchiato.
E quasi completo: teschio, costato, bacino, arti superiori e inferiori... «Colleghi, chiamate la Questura, questa è roba da sezione omicidi...» Ma non è finita. Sullo stesso terreno vengono recuperati, in un marsupio, un mazzo di chiavi e un portafoglio contenente una carta d’identità ancora leggibile: «Libero Ricci, pensionato».
È lui. Finalmente lo si è trovato: l’ex artigiano decoratore di 77 anni, che aveva lavorato a lungo con ditte al servizio del Vaticano, era sparito il 31 ottobre 2003, dopo essere uscito dall’appartamento al settimo piano di via Luigi Rava 7, in cui abitava con la moglie Emilia.
Caso risolto? Sembra di sì: «I resti sono del vecchietto, torniamo alla base», salutano i pompieri. La Scientifica intanto è al lavoro. Fotografa, spolvera, cataloga le ossa. Un lavoro di fino, mentre due poliziotti vanno a controllare in via Rava: le chiavi corrispondono. Ivana Ricci, la figlia, allarga le braccia: «Mia madre non ha retto al dolore, poco dopo è morta anche lei. Quella mattina papà uscì per la solita passeggiata e chissà cosa gli è successo...»
![Il punto della pista ciclabile della Magliana in cui, nel 2007, 4 anni dopo la scomparsa del pensionato, fu trovato lo scheletro con le ossa di 5 persone Il punto della pista ciclabile della Magliana in cui, nel 2007, 4 anni dopo la scomparsa del pensionato, fu trovato lo scheletro con le ossa di 5 persone]()
punto della pista ciclabile della Magliana in cui, nel 2007, 4 anni dopo la scomparsa del pensionato, fu trovato lo scheletro con le ossa di 5 persone
Stacco. Cambio di scena. Passa qualche anno. Le ossa adesso sono sui tavoli asettici dell’Istituto di Medicina Legale per l’estrazione del dna e il confronto con il codice genetico dei figli di Ricci. La stampa non ha più seguito la vicenda - di anziani inghiottiti dalla metropoli se ne contano tanti - e anche i consulenti tecnici se la sono presa comoda.
Ma, nel febbraio 2010, arriva la notizia choc: tutto da rifare, quei resti non erano di Libero Ricci. Nulla di nulla, neanche una falange! La genetista, nel comunicarlo in Procura, è incredula: «Dottore, sa la novità?
Le ossa di via Pescaglia sono appartenute a 5, le ripeto, 5 persone diverse...» Marcello Monteleone, il pm, sgrana gli occhi. «Ne è sicura?» «Certo». Parte l’inchiesta per omicidio volontario plurimo e occultamento di cadaveri...
Eccoci dunque catapultati nel mistero più fitto. Calotta cranica, denti, femori e rotule, da questo momento, iniziano a «parlare». Il dna non lascia margini a dubbi: si tratta dei resti di tre individui femmina e due maschi.
L’analisi al radiocarbonio, inoltre, dà indicazioni abbastanza precise su età ed epoca del decessi, tutti avvenuti nell’arco degli ultimi 15-20 anni. «Stiamo a vedere... Le famiglie di scomparsi potrebbero darci una mano», ragiona il magistrato.
Ad ognuno viene attribuito un codice: F1, la donna di cui si hanno più reperti anatomici (teschio, vertebre, costato), doveva avere tra i 45 e i 55 anni quando, nel periodo novembre 2002-novembre 2006, passò a miglior vita. Analogamente vengono disegnati gli altri profili: ci sono le femmine F2 (una tibia disponibile, 20-35 anni al momento
della morte) e F3 (una fibula, 35-45 anni), ma anche i maschi M1 (una scapola e un braccio, 40-50 anni) e M2 (un femore destro, 25-40). Con un’ulteriore sorpresa, relativa a F1: il dna mitocondriale non esclude si tratti di una parente di Libero, sul lato materno.
![Renzo Mori, il portiere del palazzo di via Rava che per ultimo vide il pensionato scomparso Renzo Mori, il portiere del palazzo di via Rava che per ultimo vide il pensionato scomparso]()
Renzo Mori, il portiere del palazzo di via Rava che per ultimo vide il pensionato scomparso
Scenario da brividi. Il giallo finisce in tv. Chi l’ha visto?propone l’immagine dello scheletro-puzzle e tanti chiamano cercando una madre, un marito, una figlia… La fiammata mediatica, però, dura poco.
Non emerge niente di concreto, le ossa restano anonime. E il magistrato, nel 2012, si arrende: caso archiviato. Ma non nei ricordi (e nell’inquietudine) della gente della Magliana... Renzo Mori, il portiere del palazzo dove abitava il pensionato, un’idea ce l’ha.
Lo incontro nella guardiola di via Rava tappezzata di sue foto in tenuta da maratoneta. «Visto? Il mio record è sotto le tre ore…» Accidenti, penso: un ottimo tempo. Ma siamo qui a parlar d’altro. «Quella mattina sor Libero uscì verso mezzogiorno.
Mi salutò con cortesia e si avviò a passettini piccoli, barcollando. Non so, forse aveva un principio di Alzheimer. L’abbiamo cercato con i cani per giorni, abbiamo fatto battute ovunque. Anche dove, anni dopo, è saltato fuori lo scheletro».
![Un’elaborazione grafica (di Vincenzo Progida) del doppio giallo della Magliana Un’elaborazione grafica (di Vincenzo Progida) del doppio giallo della Magliana]()
Un’elaborazione grafica (di Vincenzo Progida) del doppio giallo della Magliana
Lo blocco. «Mi accompagni sul posto?» «Ok. Andiamoci in bici». Dal locale caldaia ne tira fuori due professionali. È meno di un chilometro: poche pedalate e siamo davanti al canneto dell’orrore, ora rigogliosissimo. «Va a fuoco spesso, poi ricresce. Sta’ attento…» Ci inoltriamo in una specie di giungla.
«Le ossa erano laggiù, sotto al muretto. Vicino c’erano il mazzo di chiavi e il portafoglio». Strano, no? «Mah, ci ho pensato. Lui era distratto, non ci stava tanto con la testa. Può esse’ benissimo che se l’era persi, un passante l’ha raccolti e poi, non sapendo che farsene, ha buttato il tutto».
E dunque? «Andiamo al fiume». Lo seguo. Nuova giungla. Baracche, materassi fetidi, topi. «Ascolta bene. Qui c’era un sentiero. Sor Libero c’aveva ‘na grande passione: la pesca. Finché guidava, se n’annava a Fiumicino con la sua A112 blu, di nascosto dalla moglie.
Negli ultimi tempi, invece, mi capitava di incrociarlo sulla ciclabile, quando correvo, mentre lui tornava a casa con la canne in spalla. Quella mattina, anche se ormai sfarfallava, avrà avuto voglia di passa’ un po’ di tempo sulla riva. Poi ha avuto un malore, e chi s’è visto s’è visto…»
E va bene, ammettiamolo pure. Il corpo di Libero Ricci potrebbe essere qui, sotto i nostri occhi, incagliato sul fondale limaccioso del Tevere. Qualcuno, a questo punto, potrebbe anche dare una controllata... Ma gli altri punti interrogativi restano. Tanti e inquietanti. L’incendio del canneto fu casuale o servì a far trovare lo scheletro?
Il «collezionista di ossa» voleva mandare un segnale, o forse mettere in scena un macabro «gioco»? I numerosi resti umani, in ogni caso, a chi appartennero? Vittime di omicidi? Suicidi? E ancora, domanda delle 100 pistole, come spiegare l’identità genetica tra il pensionato e F1, la donna del teschio? Coincidenze, indizi, colpi di scena: un cold case da manuale del crimine. Altro che film...
(fperonaci@rcs.it)
di Fabrizio Peronaci
In Procura, oltre ai fascicoli famosi, sono custoditi gli atti di decine di cold case che potrebbero riaprirsi grazie a nuove prove. Dall’omicidio della stazione Ostiense a quello della commercialista chiusa nell’armadio, dal giallo della giovane avvelenata a San Lorenzo al mistero di Eleonora Scroppo, da Maga Magò al delitto Castellari, fino alla strana morte di un ex calciatore trasteverino
Oggi Massimo Saggia Civitelli, il figlio, anche lui 007, non esclude che a sparare sia stato «un serial killer innamorato del gesto gratuito», un pericoloso criminale forse ancora in circolazione: «Ho studiato tutti i fatti di sangue avvenuti a Roma negli anni successivi. Tra la Piramide e Trastevere, ci sono stati tre casi fotocopia: mio padre, una suora, il fotografo dei vip sotto ponte Testaccio. Spero in una confessione...»
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collega più anziano (prosciolto al termine dell’istruttoria), ma resta in piedi anche la pista di un terzo uomo, resa concreta dai numerosi indizi sottovalutati nella prima fase delle indagini e venuti alla luce durante il processo in Corte d’assise. Gli avvocati: «Con le nuove tecniche su Dna e impronte caso risolvibile»
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La ragazza viene indagata per omicidio volontario e spedita alla sbarra, ma esce innocente dal processo in Corte d’assise: assolta per non aver commesso il fatto. L’avvocato della famiglia Moretti, quasi vent’anni dopo, chiede la riapertura dell’inchiesta alla Procura di Roma: 10 indizi «precisi e concordanti» emersi dall’esame delle carte potrebbero portare all’assassino.
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Suo marito Stefano Ciampini e il ragazzo si salvarono gettandosi sotto il tavolo. Per l’omicidio Scroppo - dopo aver esplorato tutte le piste, da quella sentimentale a quella legata a questioni di lavoro - fu sospettato il vicino di casa Loris Bazzocchi, all’epoca 67 anni, attore di film, polizieschi e non, piuttosto noto(ha recitato in una sessantina di pellicole, diretto anche da registi famosi come Steno, Comencini, Squitieri, Lattuada).
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L’uomo fu indagato per omicidio volontario: a suo carico c’erano la Procura di Roma ravvisò una serie di indizi piuttosto seri, a cominciare dalla richiesta su come procurarsi un’arma di cui parlò un testimone, ma al termine dell’istruttoria il pm Leonardo Frisani chiese l’archiviazione.
Bazzocchi oggi è espatriato e vive in Germania. Facilmente rintracciabile in Rete, c’è una sua fotografia sul set, curiosamente identica alla scena avvenuta nella realtà, quella sera d’autunno, da parte di uno spietato killer tuttora ignoto.
Era considerato il più bravo a leggere i tarocchi e predire il futuro. Ad apprezzarlo erano personaggi della politica e dello showbitz di passaggio nella piazza, come Moana Pozzi, che lo incontrò pochi giorni prima dell’omicidio e fu interrogata dai carabinieri. Fu l’ennesimo fattaccio nella scia di sangue che colpì la comunità gay romana, un quarto di secolo fa: tra il 1990 e il ‘97 ben 24 casi, molti dei quali irrisolti.
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Un giallo di Stato concluso ufficialmente con l’archiviazione («fu suicidio»), ma che continua a sollevare dubbi. Sette gli indizi che lasciano ipotizzare uno scenario diverso: dal cane della pistola trovato alzato (operazione ardua per un uomo che si è appena sparato in testa) alla presenza di una bottiglia di whisky in piedi, dopo 5 giorni, nonostante la pioggia
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Partono le ricerche, che finiscono presto, tragicamente. «Bisigato», come viene chiamato il pensionato per la somiglianza al famoso centravanti che giocò nella Lazio tra le due guerre, è morto in casa, in salotto, sul divano.
L’uscio al primo piano di via Morosini, a Trastevere, era semiaperto. L’uomo non era malato né depresso. Sul tavolo, due bicchierini di liquore mezzi pieni e un vassoio di paste. Nel portacenere qualche sigaretta di marca diversa dalle sue, con segni di rossetto. Prova evidente di un incontro galante.
Chi era la donna del mistero? Pieri fu avvelenato? Si trattò di un colpo delle false assistenti sociali o di cos’altro? La Squadra Mobile indagò per qualche settimana, poi si arrese e la morte del trasteverino con la passione del pallone finì nell’elenco dei cold case romani.
di Fabrizio Peronaci
Doppio enigma alla Magliana: nel 2003 sparì Libero Ricci, 77 anni, e nel 2007 poco distante fu trovato uno scheletro. Si pensò all’anziano, ma il dna fornì una risposta-choc: le ossa erano di 5 persone diverse. Il portiere del palazzo: «Amava pescare»

Tra i tanti misteri della Roma più nera, quella che gronda sangue dei morti ammazzati e lacrime di chi li amava e sudore freddo degli assassini quando si sentono braccati, c’è una storia dimenticata. Macabra e inafferrabile. Degna di un thriller mozzafiato, oppure di un colossal. E infatti sono già usciti, sia il libro sia il film, per raccontare una vicenda simile, ambientata oltreoceano. Titolo: «Il collezionista di ossa».
Che è un modo gentile di chiamare un necrofilo, probabilmente psicopatico, certamente da tenere alla larga se lo s’incrocia sotto casa la sera. La protagonista del film era Angelina Jolie, bravissima agente dell’Fbi alle prese con un cadavere trovato vicino ai binari. Ma quella era fiction. Alla Magliana, invece, una dozzina d’anni fa accadde davvero. Giallo da incubo: tibia dopo tibia, femore dopo femore… Un rebus che ora, grazie a un testimone, potrebbe finalmente avviarsi a soluzione: «Cercate nel Tevere, il corpo può essere lì…»

Libero Ricci, il pensionato scomparso nel 2003 alla Magliana: il corpo non è mai stato trovato
È il primo pomeriggio del 26 luglio 2007 quando la triste storia del pensionato scomparso quasi 4 anni prima si incrocia con quella dei morti senza nome. A dare l’allarme è un abitante della zona: un incendio si sta mangiando il canneto ai bordi della pista ciclabile, all’altezza di via Pescaglia. Arrivano i pompieri e, domato il fuoco, viene alla luce qualcosa di lugubre: uno scheletro. Annerito, bruciacchiato.
E quasi completo: teschio, costato, bacino, arti superiori e inferiori... «Colleghi, chiamate la Questura, questa è roba da sezione omicidi...» Ma non è finita. Sullo stesso terreno vengono recuperati, in un marsupio, un mazzo di chiavi e un portafoglio contenente una carta d’identità ancora leggibile: «Libero Ricci, pensionato».
È lui. Finalmente lo si è trovato: l’ex artigiano decoratore di 77 anni, che aveva lavorato a lungo con ditte al servizio del Vaticano, era sparito il 31 ottobre 2003, dopo essere uscito dall’appartamento al settimo piano di via Luigi Rava 7, in cui abitava con la moglie Emilia.
Caso risolto? Sembra di sì: «I resti sono del vecchietto, torniamo alla base», salutano i pompieri. La Scientifica intanto è al lavoro. Fotografa, spolvera, cataloga le ossa. Un lavoro di fino, mentre due poliziotti vanno a controllare in via Rava: le chiavi corrispondono. Ivana Ricci, la figlia, allarga le braccia: «Mia madre non ha retto al dolore, poco dopo è morta anche lei. Quella mattina papà uscì per la solita passeggiata e chissà cosa gli è successo...»
punto della pista ciclabile della Magliana in cui, nel 2007, 4 anni dopo la scomparsa del pensionato, fu trovato lo scheletro con le ossa di 5 persone
Stacco. Cambio di scena. Passa qualche anno. Le ossa adesso sono sui tavoli asettici dell’Istituto di Medicina Legale per l’estrazione del dna e il confronto con il codice genetico dei figli di Ricci. La stampa non ha più seguito la vicenda - di anziani inghiottiti dalla metropoli se ne contano tanti - e anche i consulenti tecnici se la sono presa comoda.
Ma, nel febbraio 2010, arriva la notizia choc: tutto da rifare, quei resti non erano di Libero Ricci. Nulla di nulla, neanche una falange! La genetista, nel comunicarlo in Procura, è incredula: «Dottore, sa la novità?
Le ossa di via Pescaglia sono appartenute a 5, le ripeto, 5 persone diverse...» Marcello Monteleone, il pm, sgrana gli occhi. «Ne è sicura?» «Certo». Parte l’inchiesta per omicidio volontario plurimo e occultamento di cadaveri...
Eccoci dunque catapultati nel mistero più fitto. Calotta cranica, denti, femori e rotule, da questo momento, iniziano a «parlare». Il dna non lascia margini a dubbi: si tratta dei resti di tre individui femmina e due maschi.
L’analisi al radiocarbonio, inoltre, dà indicazioni abbastanza precise su età ed epoca del decessi, tutti avvenuti nell’arco degli ultimi 15-20 anni. «Stiamo a vedere... Le famiglie di scomparsi potrebbero darci una mano», ragiona il magistrato.
Ad ognuno viene attribuito un codice: F1, la donna di cui si hanno più reperti anatomici (teschio, vertebre, costato), doveva avere tra i 45 e i 55 anni quando, nel periodo novembre 2002-novembre 2006, passò a miglior vita. Analogamente vengono disegnati gli altri profili: ci sono le femmine F2 (una tibia disponibile, 20-35 anni al momento
della morte) e F3 (una fibula, 35-45 anni), ma anche i maschi M1 (una scapola e un braccio, 40-50 anni) e M2 (un femore destro, 25-40). Con un’ulteriore sorpresa, relativa a F1: il dna mitocondriale non esclude si tratti di una parente di Libero, sul lato materno.
Renzo Mori, il portiere del palazzo di via Rava che per ultimo vide il pensionato scomparso
Scenario da brividi. Il giallo finisce in tv. Chi l’ha visto?propone l’immagine dello scheletro-puzzle e tanti chiamano cercando una madre, un marito, una figlia… La fiammata mediatica, però, dura poco.
Non emerge niente di concreto, le ossa restano anonime. E il magistrato, nel 2012, si arrende: caso archiviato. Ma non nei ricordi (e nell’inquietudine) della gente della Magliana... Renzo Mori, il portiere del palazzo dove abitava il pensionato, un’idea ce l’ha.
Lo incontro nella guardiola di via Rava tappezzata di sue foto in tenuta da maratoneta. «Visto? Il mio record è sotto le tre ore…» Accidenti, penso: un ottimo tempo. Ma siamo qui a parlar d’altro. «Quella mattina sor Libero uscì verso mezzogiorno.
Mi salutò con cortesia e si avviò a passettini piccoli, barcollando. Non so, forse aveva un principio di Alzheimer. L’abbiamo cercato con i cani per giorni, abbiamo fatto battute ovunque. Anche dove, anni dopo, è saltato fuori lo scheletro».

Un’elaborazione grafica (di Vincenzo Progida) del doppio giallo della Magliana
Lo blocco. «Mi accompagni sul posto?» «Ok. Andiamoci in bici». Dal locale caldaia ne tira fuori due professionali. È meno di un chilometro: poche pedalate e siamo davanti al canneto dell’orrore, ora rigogliosissimo. «Va a fuoco spesso, poi ricresce. Sta’ attento…» Ci inoltriamo in una specie di giungla.
«Le ossa erano laggiù, sotto al muretto. Vicino c’erano il mazzo di chiavi e il portafoglio». Strano, no? «Mah, ci ho pensato. Lui era distratto, non ci stava tanto con la testa. Può esse’ benissimo che se l’era persi, un passante l’ha raccolti e poi, non sapendo che farsene, ha buttato il tutto».
E dunque? «Andiamo al fiume». Lo seguo. Nuova giungla. Baracche, materassi fetidi, topi. «Ascolta bene. Qui c’era un sentiero. Sor Libero c’aveva ‘na grande passione: la pesca. Finché guidava, se n’annava a Fiumicino con la sua A112 blu, di nascosto dalla moglie.
Negli ultimi tempi, invece, mi capitava di incrociarlo sulla ciclabile, quando correvo, mentre lui tornava a casa con la canne in spalla. Quella mattina, anche se ormai sfarfallava, avrà avuto voglia di passa’ un po’ di tempo sulla riva. Poi ha avuto un malore, e chi s’è visto s’è visto…»
E va bene, ammettiamolo pure. Il corpo di Libero Ricci potrebbe essere qui, sotto i nostri occhi, incagliato sul fondale limaccioso del Tevere. Qualcuno, a questo punto, potrebbe anche dare una controllata... Ma gli altri punti interrogativi restano. Tanti e inquietanti. L’incendio del canneto fu casuale o servì a far trovare lo scheletro?
Il «collezionista di ossa» voleva mandare un segnale, o forse mettere in scena un macabro «gioco»? I numerosi resti umani, in ogni caso, a chi appartennero? Vittime di omicidi? Suicidi? E ancora, domanda delle 100 pistole, come spiegare l’identità genetica tra il pensionato e F1, la donna del teschio? Coincidenze, indizi, colpi di scena: un cold case da manuale del crimine. Altro che film...
(fperonaci@rcs.it)
Chi è l’assassino? Roma e i delitti dimenticati
corriere.itdi Fabrizio Peronaci
In Procura, oltre ai fascicoli famosi, sono custoditi gli atti di decine di cold case che potrebbero riaprirsi grazie a nuove prove. Dall’omicidio della stazione Ostiense a quello della commercialista chiusa nell’armadio, dal giallo della giovane avvelenata a San Lorenzo al mistero di Eleonora Scroppo, da Maga Magò al delitto Castellari, fino alla strana morte di un ex calciatore trasteverino
Febbraio 1995, detective ucciso al binario 10
Il detective ed ex rappresentante di elettrodomestici Duilio Saggia Civitelli (in basso, foto esclusiva del Corriere) fu ucciso con una colpo di pistola alla testa il 12 febbraio 1995, mentre attendeva il treno al binario 10 della stazione Ostiense. Gli investigatori seguirono due piste: passionale e usura. Ma non emerse nulla e tre anni dopo l’inchiesta fu archiviata.Oggi Massimo Saggia Civitelli, il figlio, anche lui 007, non esclude che a sparare sia stato «un serial killer innamorato del gesto gratuito», un pericoloso criminale forse ancora in circolazione: «Ho studiato tutti i fatti di sangue avvenuti a Roma negli anni successivi. Tra la Piramide e Trastevere, ci sono stati tre casi fotocopia: mio padre, una suora, il fotografo dei vip sotto ponte Testaccio. Spero in una confessione...»
Aprile 1994, la commercialista nell’armadio e mister X
Antonella Di Veroli, commercialista di 47 anni, fu uccisa a Montesacro il 10 aprile 1994. Il corpo fu trovato nell’armadio della stanza da letto, sigillato con la colla, dopo un giorno e mezzo di ricerche. Furono sospettati i due amanti della vittima, un fotografo (poi assolto) e uncollega più anziano (prosciolto al termine dell’istruttoria), ma resta in piedi anche la pista di un terzo uomo, resa concreta dai numerosi indizi sottovalutati nella prima fase delle indagini e venuti alla luce durante il processo in Corte d’assise. Gli avvocati: «Con le nuove tecniche su Dna e impronte caso risolvibile»
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Febbraio 2000, sociologa avvelenata. «Rebus risolto in 10 mosse»
È il 22 febbraio 2000 quando Francesca Moretti, 29 anni, sociologa impegnata nel sociale, innamorata di un capo rom a Roma, viene avvelenata nella casa presa in affitto assieme ad altre giovani fuorisede. L’omicidio viene scoperto in ritardo: sulle prime i medici del San Giovanni non identificano la causa della morte. La successiva inchiesta giudiziaria, nello scetticismo della famiglia della vittima, punta su un’amica e coinquilina di Francesca, Daniela Stuto, 26 anni, laureanda in Psicologia.La ragazza viene indagata per omicidio volontario e spedita alla sbarra, ma esce innocente dal processo in Corte d’assise: assolta per non aver commesso il fatto. L’avvocato della famiglia Moretti, quasi vent’anni dopo, chiede la riapertura dell’inchiesta alla Procura di Roma: 10 indizi «precisi e concordanti» emersi dall’esame delle carte potrebbero portare all’assassino.

Ottobre 1998, morte ai Due Ponti: attore sospettato
Era la sera del 9 ottobre 1998, all’ora di cena, quando la tranquillità di una famiglia borghese venne squassata per sempre: un killer si appostò in giardino, nel buio, non visto, e fece fuoco contro tre persone che erano all’interno, a tavola. Teatro della tragedia una villetta di via Due Ponti, sulla Cassia. Travolti dalla tempesta di revolverate padre, madre e uno dei due figli. Morì la donna, Eleonora Scroppo, assicuratrice cinquantenne.Suo marito Stefano Ciampini e il ragazzo si salvarono gettandosi sotto il tavolo. Per l’omicidio Scroppo - dopo aver esplorato tutte le piste, da quella sentimentale a quella legata a questioni di lavoro - fu sospettato il vicino di casa Loris Bazzocchi, all’epoca 67 anni, attore di film, polizieschi e non, piuttosto noto(ha recitato in una sessantina di pellicole, diretto anche da registi famosi come Steno, Comencini, Squitieri, Lattuada).

L’uomo fu indagato per omicidio volontario: a suo carico c’erano la Procura di Roma ravvisò una serie di indizi piuttosto seri, a cominciare dalla richiesta su come procurarsi un’arma di cui parlò un testimone, ma al termine dell’istruttoria il pm Leonardo Frisani chiese l’archiviazione.
Bazzocchi oggi è espatriato e vive in Germania. Facilmente rintracciabile in Rete, c’è una sua fotografia sul set, curiosamente identica alla scena avvenuta nella realtà, quella sera d’autunno, da parte di uno spietato killer tuttora ignoto.
Gennaio 1993, piazza Navona piange Maga Magò
Era il 3 gennaio 1993 quando un amico, dopo averlo cercato per giorni, trovo il corpo di «Maga Magò», come lo chiamavano tutti, accoltellato a morte nel suo monolocale di Trastevere: un delitto che sconvolse la città e in particolare i frequentatori di piazza Navona. Norbert Walter Heymann, cartomante di Hannover, 53 anni, da molto tempo a Roma, si era fatto benvolere nonostante le sue bizzarrie.Era considerato il più bravo a leggere i tarocchi e predire il futuro. Ad apprezzarlo erano personaggi della politica e dello showbitz di passaggio nella piazza, come Moana Pozzi, che lo incontrò pochi giorni prima dell’omicidio e fu interrogata dai carabinieri. Fu l’ennesimo fattaccio nella scia di sangue che colpì la comunità gay romana, un quarto di secolo fa: tra il 1990 e il ‘97 ben 24 casi, molti dei quali irrisolti.

Gennaio 1993: Sergio Castellari, un mistero italiano
Il corpo di Sergio Castellari, supermanager di Stato, direttore generale delle Partecipazioni Statali, fu trovato su una collinetta a nord di Roma, nel comune di Sacrofano, il 25 gennaio 1993. Suicidio? Omicidio? Messinscena dei servizi segreti deviati?Un giallo di Stato concluso ufficialmente con l’archiviazione («fu suicidio»), ma che continua a sollevare dubbi. Sette gli indizi che lasciano ipotizzare uno scenario diverso: dal cane della pistola trovato alzato (operazione ardua per un uomo che si è appena sparato in testa) alla presenza di una bottiglia di whisky in piedi, dopo 5 giorni, nonostante la pioggia

Gennaio 1995, «Bisigato» e la donna del mistero
E’ il 19 gennaio 1995: il pensionato Alessandro Pieri, 78 anni, ex calciatore dell’Alba Roma (serie C, anni Trenta) in seguito autista del Servizio affissioni del Comune, non si presenta all’appuntamento con un amico, rivenditore di accessori auto a Porta Portese, per andare a pranzo assieme.Partono le ricerche, che finiscono presto, tragicamente. «Bisigato», come viene chiamato il pensionato per la somiglianza al famoso centravanti che giocò nella Lazio tra le due guerre, è morto in casa, in salotto, sul divano.
L’uscio al primo piano di via Morosini, a Trastevere, era semiaperto. L’uomo non era malato né depresso. Sul tavolo, due bicchierini di liquore mezzi pieni e un vassoio di paste. Nel portacenere qualche sigaretta di marca diversa dalle sue, con segni di rossetto. Prova evidente di un incontro galante.
Chi era la donna del mistero? Pieri fu avvelenato? Si trattò di un colpo delle false assistenti sociali o di cos’altro? La Squadra Mobile indagò per qualche settimana, poi si arrese e la morte del trasteverino con la passione del pallone finì nell’elenco dei cold case romani.
